REPORT MONGOLIA 2018
Inviato: 19/09/2018, 18:15
Scrivo questo semplice report unicamente qui per gli amici di Motoadv, unico forum dove ormai mi sento di casa, spero vi piaccia.
Faccio una premessa: parte del giro studiato e preventivato per diversi mesi è andato a banane a causa di una perturbazione straordinaria (non unica ma abbastanza rara per il periodo estivo) che ci ha costretti a modificare l’itinerario in loco, da metà viaggio in poi ci siamo mossi in base alle condizioni meteo tralasciando purtroppo due delle chicche del giro iniziale (il bellissimo lago Khuvsgul ed il monastero Amarbayasgalant) ma avendo così la possibilità di fare un po’ più piste (visto che la parte nord sarebbe stata quasi tutta asfaltata) e di conoscere persone e luoghi meravigliosi, come si dice non tutto il male vien per nuocere.
Le foto che caricherò sono pessime.. i miei due compagni di viaggio, Nicola e Roberto, sono dei buoni fotografi ma io non ho proprio quest’arte, fotografo solo per ricordare, quando avrò le foto degli altri prometto di allegarle sotto.
2 Settembre: dopo una giornata in giro per aeroporti atterriamo alle 06.00 al Cingghis Khan international airport di Ulan Bator e senza entrare per niente nella capitale ci dirigiamo al noleggio per ritirare i nostri tre cancheri della steppa, due Shineray Mustang 150cc ed una Super Dayun 150cc (in pratica la stessa moto con due nomi diversi).
La Mongolia ci da il benvenuto con una bella piovuta, indossiamo gli antipioggia e partiamo. Appena in sella mi accorgo che il contakm non funziona, per me un piccolo dramma dato che viaggio in generale senza navigatore (che comunque mi son portato dietro) basandomi sul calcolo dei km… torno indietro, faccio sostituire il cavo del contakm..che si romperà anch’esso 10km dopo essere ripartiti. Ok, faremo senza.
Anche se sotto la pioggia preferiamo evitare l’asfalto il più possibile e ci infiliamo in una pista laterale affrontando i nostri primi due guadi, la pista si trasforma poi in una sterrata percorsa da mezzi da cantiere e dopo un’oretta riprendiamo l’asfalto in direzione sud-ovest.
Allontanandoci dalla capitale usciamo fortunatamente dalla pioggia, facciamo una sosta per rifocillarci e ci sollazziamo in alcune piste laterali in mezzo ai pratoni fioriti;
tornati su asfalto proseguiamo ancora per una cinquantina di km sui nostri frullatori, ma la mancata notte di sonno inizia a farsi sentire ed alla vista di un’insegna di un campo tendato decidiamo di seguire una pista che si perde in mezzo al verde alla ricerca della nostra prima ger (yurta mongola) del viaggio.
Troviamo un ottimo campo con ger in legno con annesso ristorante, ci facciamo una bella doccia calda, riempiamo le nostre pance e via a letto per ricaricarci per il giorno seguente.
3 Settembre: la meta finale di oggi sarà Kharkhorin, antica capitale mongola voluta da Gengis Khan e finita dopo la sua morte dal primogenito Ogodei.
Approfittiamo delle prime piste sabbiose per divertirci un po’ dato che poi il trasferimento odierno sarà quasi tutto su asfalto.
Verso l’ora di pranzo cerchiamo un po’ di pace in una pista laterale, da lontano un piccolo gruppo di pastori ci vede con il proprio binocolo e si dirige verso di noi regalandoci il nostro primo vero approccio con la popolazione mongola. Offriamo il nostro pranzo di fortuna, qualche patatina, qualche merendina ed un po’ d’acqua, ma i nostri nuovi amici gradiscono comunque molto, è stato un pranzo davvero bello, ci si parla a gesti ma questo basta per capirsi e per fare anche delle belle risate.
Regaliamo qualche piccolo dono al ragazzino del gruppo (qualche piccola torcia colorata ed un po’ di matite e colori che ci siamo portati da casa), abbracciamo i nostri amici e ripariamo per Kharkhorin.
la mia Super Dayun in tutto il suo splendore
Da lontano iniziamo a vedere le prime dune del Khogno Tarna
e decidiamo di divertirci un po’ sulle sue sabbie
per un attimo mi sembra di essere tornato in Tunisia..
Ci divertiamo un po’ sulle dune anche se alle nostre moto manca motore, è difficile farle galleggiare sulla sabbia e ci infossiamo spesso..il divertimento però dura poco: a Nicola si rompe il filo della frizione..
Per fortuna abbiamo dietro alcuni ricambi e la cosa non rappresenta un grosso problema. Arriviamo a Kharkhorin in serata tirando il filo “a mano” ed una volta al campo lo sostituiamo.
4 Settembre: durante la notte soffriamo un po’ il freddo, dalla parte inferiore della ger (che non ha la stufa..) passano diversi spifferi ed io e Roberto che abbiamo il letto nella parte più esposta ci svegliamo con un po’ di mal di gola nonostante sacco a pelo e coperte…
Passiamo la mattinata al bellissimo monastero Erdene Zuu (100 tesori) o per meglio dire in quello che ne rimane: ai tempi delle purghe staliniane i sovietici hanno distrutto tutti i monasteri, trafugato quasi tutti i tesori ed ucciso tutti i monaci che incontrarono sul loro cammino. Degli antichi 100 templi ne restano 3, la visita comunque vale assolutamente la pena.
La recinzione del monastero è composta da 108 (numero sacro del Buddhismo) stupa contenenti le reliquie di vecchi maestri monaci, all’interno invece i templi principali sono 3, dedicati rispettivamente al Buddha bambino, adolescente ed adulto.
Usciti dal monastero giriamo un po’ per le piste che lo circondano e raggiungiamo una antica tartaruga collocata poco dietro al complesso, unico resto assieme a qualche fondamenta della capitale Karakorum sopravvissuto alla furia dei Manchu;
è emozionante accarezzare questo reperto pensando che possa essere stato toccato 8 secoli fa dal temibile Gengis Khan.
Approfittiamo del mercato nero della città per riprendere un nuovo filo frizione di scorta e qualche altro ricambio di emergenza e ci dirigiamo sulle rive dell’Orkhon per uno dei nostri soliti pranzi di fortuna, vediamo un pastore tutto solo poco lontano e gli facciamo segno di unirsi all’improvvisato banchetto, non se lo fa ripetere e ci raggiunge nel giro di un lampo assieme alle sue capre
il tempo di girarci un attimo e..tac! il nostro pranzo se ne va..
Nel pomeriggio ripartiamo in direzione nord e raggiungiamo la città di Tsetserleg dove, provati dalla precedente nottata al freddo, decidiamo di concederci il lusso di una dormita in un buon hotel sperando di guarire con una buona doccia calda e qualche vodka da una piccola febbricciola che le nostre gole infiammate ci provocano.
5 Settembre: mi alzo dal letto con ancora addosso i postumi della febbre e confidando speranzoso in una bella giornata di sole mi avvio verso la finestra, apro le tende e.. sorpresa.. nevica...
Provo a mettere il naso fuori..è un freddo cane! Il meteo prevede -2° per la giornata…molto bene… siamo ancora mezzi infebbriti e dopo un breve colloquio decidiamo di giocarci una delle giornate jolly preventivate restandocene in hotel al caldo ed uscendo poi più tardi per un giro a piedi della città.
I meteo danno neve anche nei passi del nord che dovremo battere i giorni seguenti, così la mattinata scorre veloce sopra atlante e cartine a cercare eventuali percorsi alternativi.
Per pranzo entriamo in un piccolo ristoro locale, cerchiamo di ordinare dei noodles ma la signora proprio non ci capisce, mimiamo il gesto di arrotolare i noodles con la forchetta e scherzando chiediamo “un piatto di spaghetti” ma niente, tiro fuori così una delle poche parole che mi ero preparato ed ordino dei khuushuur, una sorta di raviolone fritto ripieno di carne tipico della Mongolia accompagnato da un’insalata russa che ci viene servito con l’altrettanto tipico tè salato col latte.
Siamo li che ridiamo e scherziamo quando la signora del ristoro se ne esce tutta orgogliosa con un bel piattone di….spaghetti! Fantastico, e vi dirò che non erano nemmeno cattivi..e pure al dente!
Paghiamo, ringraziamo e facciamo quattro passi per la città.
Il pomeriggio passa pisciando fuori dal vaso, ovvero esce il lord che c’è in noi, ci incontriamo in accappatoio, apriamo il frigo della camera ed iniziamo a scaldare l’atmosfera a suon di vodka tonic, la mitica Chinggis Khan Vodka verrà seccata nell’arco della serata facendoci tornare il buonumore perso a causa del meteo inclemente..
Approfitto della giornata in hotel per fare anche un po’ di bucato
e a fine serata entriamo nel ristorante dell’hotel che ha un ricco menù pieno di portate.. che non ci sono..
iniziamo indicando le varie foto “this one?” “mmh..no”, “ok, this one?” “mmh..no”, alla fine riusciremo a mangiare un bel piatto di riso, ketchup e carotine... Comunque non male.
6 Settembre: al mattino seguente per fortuna il meteo è migliorato, è sempre un freddo cane ma almeno c’è il sole. Lasciamo Tsetserleg e subito dopo l’asfalto finisce lasciando posto ad una pista dura piena di buche enormi impossibili da schivare, avanziamo a velocità ridotta per una quindicina di km poi torna l’asfalto, si guida sempre con un occhio ai crateri, ma riusciamo comunque ad alzare la velocità media.
La zona è bellissima, il "tappeto verde" è interrotto ogni tanto da alcune rocce che affiorano dal terreno e salendo di quota si iniziano a vedere le prime macchie di alberi che spezzano il mare d'erba attraversato finora
In lontananza scorgiamo le prime montagne innevate, queste sono ben più basse delle zone che dovremo attraversare un paio di giorni dopo. Ci godiamo il paesaggio ma iniziamo a preoccuparci per la condizione delle piste della zona definita “Svizzera mongola”
Qua ci fermiamo ed indossiamo tutto l’intimo termico ed anche gli antipioggia dato che le temperature sono veramente basse.
Raggiungiamo il canyon del fiume Chuluut e decidiamo di scenderci dentro per pranzare in riva al fiume in un contesto magnifico
Dopo pranzo riprendiamo la strada principale e una volta arrivati a Tariat prendiamo una pista laterale molto gradevole che passando tra cavalli e yak ci accompagna al nostro campo serale collocato in un luogo incantevole, in un largo canyon solcato dall’emissario del Grande Lago Bianco all’ombra di una montagna di origine vulcanica.
Ci riposiamo e scaldiamo con la preziosa stufa a legna della ger mentre gli Yak brucano l’erba intorno alla tenda e dopo una bella doccia ci fiondiamo in un ristorante dove mangeremo una cena squisita e dove con mia grande sorpresa troverò un Johnnie Walker Red Label, bottiglia scadente in Italia ma preziosa in mezzo alla steppa mongola! Ci gusteremo questo Tavernello degli scotch come fosse un whisky di 30 anni..pagandolo anche 105.000 Turug ziokan..(quasi il triplo del suo valore italiano, ma l’avrei pagato anche il doppio per la scimmia che avevo una volta annusata la possibilità di berci uno scotch in tenda!)
La serata finisce al calduccio della ger tra le risate che il buon Johnnie ci regala.
Continua…
Faccio una premessa: parte del giro studiato e preventivato per diversi mesi è andato a banane a causa di una perturbazione straordinaria (non unica ma abbastanza rara per il periodo estivo) che ci ha costretti a modificare l’itinerario in loco, da metà viaggio in poi ci siamo mossi in base alle condizioni meteo tralasciando purtroppo due delle chicche del giro iniziale (il bellissimo lago Khuvsgul ed il monastero Amarbayasgalant) ma avendo così la possibilità di fare un po’ più piste (visto che la parte nord sarebbe stata quasi tutta asfaltata) e di conoscere persone e luoghi meravigliosi, come si dice non tutto il male vien per nuocere.
Le foto che caricherò sono pessime.. i miei due compagni di viaggio, Nicola e Roberto, sono dei buoni fotografi ma io non ho proprio quest’arte, fotografo solo per ricordare, quando avrò le foto degli altri prometto di allegarle sotto.
2 Settembre: dopo una giornata in giro per aeroporti atterriamo alle 06.00 al Cingghis Khan international airport di Ulan Bator e senza entrare per niente nella capitale ci dirigiamo al noleggio per ritirare i nostri tre cancheri della steppa, due Shineray Mustang 150cc ed una Super Dayun 150cc (in pratica la stessa moto con due nomi diversi).
La Mongolia ci da il benvenuto con una bella piovuta, indossiamo gli antipioggia e partiamo. Appena in sella mi accorgo che il contakm non funziona, per me un piccolo dramma dato che viaggio in generale senza navigatore (che comunque mi son portato dietro) basandomi sul calcolo dei km… torno indietro, faccio sostituire il cavo del contakm..che si romperà anch’esso 10km dopo essere ripartiti. Ok, faremo senza.
Anche se sotto la pioggia preferiamo evitare l’asfalto il più possibile e ci infiliamo in una pista laterale affrontando i nostri primi due guadi, la pista si trasforma poi in una sterrata percorsa da mezzi da cantiere e dopo un’oretta riprendiamo l’asfalto in direzione sud-ovest.
Allontanandoci dalla capitale usciamo fortunatamente dalla pioggia, facciamo una sosta per rifocillarci e ci sollazziamo in alcune piste laterali in mezzo ai pratoni fioriti;
tornati su asfalto proseguiamo ancora per una cinquantina di km sui nostri frullatori, ma la mancata notte di sonno inizia a farsi sentire ed alla vista di un’insegna di un campo tendato decidiamo di seguire una pista che si perde in mezzo al verde alla ricerca della nostra prima ger (yurta mongola) del viaggio.
Troviamo un ottimo campo con ger in legno con annesso ristorante, ci facciamo una bella doccia calda, riempiamo le nostre pance e via a letto per ricaricarci per il giorno seguente.
3 Settembre: la meta finale di oggi sarà Kharkhorin, antica capitale mongola voluta da Gengis Khan e finita dopo la sua morte dal primogenito Ogodei.
Approfittiamo delle prime piste sabbiose per divertirci un po’ dato che poi il trasferimento odierno sarà quasi tutto su asfalto.
Verso l’ora di pranzo cerchiamo un po’ di pace in una pista laterale, da lontano un piccolo gruppo di pastori ci vede con il proprio binocolo e si dirige verso di noi regalandoci il nostro primo vero approccio con la popolazione mongola. Offriamo il nostro pranzo di fortuna, qualche patatina, qualche merendina ed un po’ d’acqua, ma i nostri nuovi amici gradiscono comunque molto, è stato un pranzo davvero bello, ci si parla a gesti ma questo basta per capirsi e per fare anche delle belle risate.
Regaliamo qualche piccolo dono al ragazzino del gruppo (qualche piccola torcia colorata ed un po’ di matite e colori che ci siamo portati da casa), abbracciamo i nostri amici e ripariamo per Kharkhorin.
la mia Super Dayun in tutto il suo splendore
Da lontano iniziamo a vedere le prime dune del Khogno Tarna
e decidiamo di divertirci un po’ sulle sue sabbie
per un attimo mi sembra di essere tornato in Tunisia..
Ci divertiamo un po’ sulle dune anche se alle nostre moto manca motore, è difficile farle galleggiare sulla sabbia e ci infossiamo spesso..il divertimento però dura poco: a Nicola si rompe il filo della frizione..
Per fortuna abbiamo dietro alcuni ricambi e la cosa non rappresenta un grosso problema. Arriviamo a Kharkhorin in serata tirando il filo “a mano” ed una volta al campo lo sostituiamo.
4 Settembre: durante la notte soffriamo un po’ il freddo, dalla parte inferiore della ger (che non ha la stufa..) passano diversi spifferi ed io e Roberto che abbiamo il letto nella parte più esposta ci svegliamo con un po’ di mal di gola nonostante sacco a pelo e coperte…
Passiamo la mattinata al bellissimo monastero Erdene Zuu (100 tesori) o per meglio dire in quello che ne rimane: ai tempi delle purghe staliniane i sovietici hanno distrutto tutti i monasteri, trafugato quasi tutti i tesori ed ucciso tutti i monaci che incontrarono sul loro cammino. Degli antichi 100 templi ne restano 3, la visita comunque vale assolutamente la pena.
La recinzione del monastero è composta da 108 (numero sacro del Buddhismo) stupa contenenti le reliquie di vecchi maestri monaci, all’interno invece i templi principali sono 3, dedicati rispettivamente al Buddha bambino, adolescente ed adulto.
Usciti dal monastero giriamo un po’ per le piste che lo circondano e raggiungiamo una antica tartaruga collocata poco dietro al complesso, unico resto assieme a qualche fondamenta della capitale Karakorum sopravvissuto alla furia dei Manchu;
è emozionante accarezzare questo reperto pensando che possa essere stato toccato 8 secoli fa dal temibile Gengis Khan.
Approfittiamo del mercato nero della città per riprendere un nuovo filo frizione di scorta e qualche altro ricambio di emergenza e ci dirigiamo sulle rive dell’Orkhon per uno dei nostri soliti pranzi di fortuna, vediamo un pastore tutto solo poco lontano e gli facciamo segno di unirsi all’improvvisato banchetto, non se lo fa ripetere e ci raggiunge nel giro di un lampo assieme alle sue capre
il tempo di girarci un attimo e..tac! il nostro pranzo se ne va..
Nel pomeriggio ripartiamo in direzione nord e raggiungiamo la città di Tsetserleg dove, provati dalla precedente nottata al freddo, decidiamo di concederci il lusso di una dormita in un buon hotel sperando di guarire con una buona doccia calda e qualche vodka da una piccola febbricciola che le nostre gole infiammate ci provocano.
5 Settembre: mi alzo dal letto con ancora addosso i postumi della febbre e confidando speranzoso in una bella giornata di sole mi avvio verso la finestra, apro le tende e.. sorpresa.. nevica...
Provo a mettere il naso fuori..è un freddo cane! Il meteo prevede -2° per la giornata…molto bene… siamo ancora mezzi infebbriti e dopo un breve colloquio decidiamo di giocarci una delle giornate jolly preventivate restandocene in hotel al caldo ed uscendo poi più tardi per un giro a piedi della città.
I meteo danno neve anche nei passi del nord che dovremo battere i giorni seguenti, così la mattinata scorre veloce sopra atlante e cartine a cercare eventuali percorsi alternativi.
Per pranzo entriamo in un piccolo ristoro locale, cerchiamo di ordinare dei noodles ma la signora proprio non ci capisce, mimiamo il gesto di arrotolare i noodles con la forchetta e scherzando chiediamo “un piatto di spaghetti” ma niente, tiro fuori così una delle poche parole che mi ero preparato ed ordino dei khuushuur, una sorta di raviolone fritto ripieno di carne tipico della Mongolia accompagnato da un’insalata russa che ci viene servito con l’altrettanto tipico tè salato col latte.
Siamo li che ridiamo e scherziamo quando la signora del ristoro se ne esce tutta orgogliosa con un bel piattone di….spaghetti! Fantastico, e vi dirò che non erano nemmeno cattivi..e pure al dente!
Paghiamo, ringraziamo e facciamo quattro passi per la città.
Il pomeriggio passa pisciando fuori dal vaso, ovvero esce il lord che c’è in noi, ci incontriamo in accappatoio, apriamo il frigo della camera ed iniziamo a scaldare l’atmosfera a suon di vodka tonic, la mitica Chinggis Khan Vodka verrà seccata nell’arco della serata facendoci tornare il buonumore perso a causa del meteo inclemente..
Approfitto della giornata in hotel per fare anche un po’ di bucato
e a fine serata entriamo nel ristorante dell’hotel che ha un ricco menù pieno di portate.. che non ci sono..
iniziamo indicando le varie foto “this one?” “mmh..no”, “ok, this one?” “mmh..no”, alla fine riusciremo a mangiare un bel piatto di riso, ketchup e carotine... Comunque non male.
6 Settembre: al mattino seguente per fortuna il meteo è migliorato, è sempre un freddo cane ma almeno c’è il sole. Lasciamo Tsetserleg e subito dopo l’asfalto finisce lasciando posto ad una pista dura piena di buche enormi impossibili da schivare, avanziamo a velocità ridotta per una quindicina di km poi torna l’asfalto, si guida sempre con un occhio ai crateri, ma riusciamo comunque ad alzare la velocità media.
La zona è bellissima, il "tappeto verde" è interrotto ogni tanto da alcune rocce che affiorano dal terreno e salendo di quota si iniziano a vedere le prime macchie di alberi che spezzano il mare d'erba attraversato finora
In lontananza scorgiamo le prime montagne innevate, queste sono ben più basse delle zone che dovremo attraversare un paio di giorni dopo. Ci godiamo il paesaggio ma iniziamo a preoccuparci per la condizione delle piste della zona definita “Svizzera mongola”
Qua ci fermiamo ed indossiamo tutto l’intimo termico ed anche gli antipioggia dato che le temperature sono veramente basse.
Raggiungiamo il canyon del fiume Chuluut e decidiamo di scenderci dentro per pranzare in riva al fiume in un contesto magnifico
Dopo pranzo riprendiamo la strada principale e una volta arrivati a Tariat prendiamo una pista laterale molto gradevole che passando tra cavalli e yak ci accompagna al nostro campo serale collocato in un luogo incantevole, in un largo canyon solcato dall’emissario del Grande Lago Bianco all’ombra di una montagna di origine vulcanica.
Ci riposiamo e scaldiamo con la preziosa stufa a legna della ger mentre gli Yak brucano l’erba intorno alla tenda e dopo una bella doccia ci fiondiamo in un ristorante dove mangeremo una cena squisita e dove con mia grande sorpresa troverò un Johnnie Walker Red Label, bottiglia scadente in Italia ma preziosa in mezzo alla steppa mongola! Ci gusteremo questo Tavernello degli scotch come fosse un whisky di 30 anni..pagandolo anche 105.000 Turug ziokan..(quasi il triplo del suo valore italiano, ma l’avrei pagato anche il doppio per la scimmia che avevo una volta annusata la possibilità di berci uno scotch in tenda!)
La serata finisce al calduccio della ger tra le risate che il buon Johnnie ci regala.
Continua…