E questo è solo l'inizio
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buongiorno a tutti
scrivere con le mani impastate di lasonil è un casino, quindi ho delegato il Polpo alla trascrizione fedele della cronaca del mio primo giretto con la moto da enduro.
Ve la metto qui, divertitevi almeno quanto ci siamo divertiti noi (lui un po' di più..)
_______________________________________________________________________
Breve cronaca della prima gita di enduro dell'Alisa. Tutto vero.
Saluti e baci.
Polpo.
L’ENDURO FA SUDARE ANCHE IN PIENO INVERNO
L’Alisa è una mia amica che ha deciso di dare una sterzata vigorosa alla sua vita perché esce da una storia di tre anni con un tipo. Quando si esce da una storia di tre anni con un tipo si cerca di cambiare aria, ci si rimette sul mercato frequentando altri ambienti popolati da maschi allupati ed eventualmente si imparano nuove specialità, sport, attività artistiche o si abbracciano nuove religioni o filosofie, tango, flamenco, pilates, veganesimo, amore libero, enduro e altro.
Con l’inizio del nuovo anno l’Alisa si è data a tre nuove specialità a parziale risarcimento per i tre anni trascorsi col tipo, una per anno ma le pratica tutte contemporaneamente nella settimana:
-Corso di “Vale Todo”, una specie di lotta sudamericana di mazzate da orbi:
-Corso di Cucina Italiana chiamato “Oltre i quattro salti in padella si può andare”;
-Corso di Enduro.
“Drinnn... drinnn... drinnn... drinnn... drinnn... drinnn...”
“Pronto?”
“Ciao Polpo, senti, sai che ti ho detto che volevo comprare una moto da enduro... ecco... l’ho comprata!”
“Ah, figo...”
“Sì, seeeenti, adesso dovrei cominciare a usarla e come sai io vengo dal mondo delle corse, R1, CBR, GSX, vento nei capelli, problemi di chattering, staccate al limite, cavalli a strafottere, Motocicliste.net, tute legate in vita, gambe da cowboy, velocità terribili, saponette consumate, pieghe con le orecchie in terra e tutto il resto... Ora... non pretendo che tu mi insegni qualcosa anche perché Myster, un tipo che ho conosciuto su una chat porno e mi piaciucchia un po’ e mi baccaglia come un maniaco sessuale, mi ha detto che sei piantato in terra come un chiodo ma siccome lui domenica non può che deve andare all’Ikea a prendere una poltrona, mi domandavo se tu volessi venire a fare un giretto giusto per provare la moto nuova...”
“Ah, sì, be’, a dire il vero devo giusto provare l’XT 600 che ho appena ritirato dal meccanico... va bene, andiamo domenica?, che moto hai preso?”
“WR 250 quattro tempi, molto bella, praticamente nuova!”
“Molto bella, va bene ci vediamo domenica mattina... 10,30 sono da te, andiamo lungo il fiume, roba semplice.”
“Sì vabbe’, ciccio, però non troppo semplice che poi mi viene sonno, in moto ci vado già da dieci anni, ne ho fatte più di Bertoldo, non è che sia proprio una sbarbina...”
“Ah, scusa, è che insomma, l’enduro non ha molto a che fare con la pista... va bene, se troviamo qualche mulattiera la proviamo, dovrai aspettarmi però chè l’XT 600 è dell’85 e a mandarla su è un po’ durotta.”
“Sì, ci vediamo domattina, già mangiato eh, così non perdiamo tempo, puntuale, cià!”
Ammazza!, penso, il tipo dei tre anni deve averla fatta irritare un casino.
Domenica mattina.
Parto da casa alle dieci e un quarto e il termometro della macchina segna -4°.
Quando sono in tangenziale scende a -5°.
L’Alisa è stata chiara, vuole andare a fare il primo giro anche se farà un freddo maiale, che nei prossimi giorni nevicherà e per un po’ non si potrà girare.
Io mi sono vestito come un cacciatore polacco, pantaloni mimetici, casco da strada, guanti leggerini perché non trovavo quelli invernali, stivali da trial appartenuti a Malcolm Rathmell.
Arrivo nel cortile di casa sua in ritardo.
L’Alisa è già in piedi sulle pedane della moto, in maniche corte. C’è il sole ma il termometro è fisso sui -2°.
È sfigurata, paonazza, ha i capelli appiccicati alla fronte, le gocce di sudore si raccolgono sulla punta del naso e poi scendono sul serbatoio. Sta pedalando come una forsennata per far partire la moto, che non parte. Si agita in maniera preoccupante. Rimango un minuto a guardare, ha gli occhi a fessuretta e la moto non parte.
“Puttana...” sibila, ha il fiatone, dei capelli in bocca che mi ricorda Raffaella Carrà quando ballava a Canzonissima.
“Ma non parte con l’avviamento?” dico.
“Sì, no, si è scaricata la batteria e non ce la fa più... prima è partita ma si è spenta, deve essere lo spinterogeno.”
“Ma sei sicura, mi pare strano...”
Scende un momento per asciugarsi il sudore e intanto prova un calcio come quelli di Chuck Norris che ha imparato alla scuola di Vale Todo organizzata dalla Palestra Fucking Bloody Combat di Piossasco (TO), mi avvicino alla moto e provo col pulsante. Nel frattempo si beve un beverone arancione.
Spingo il pulsante, il motore stenta, poi prende il giro, apro appena il gas e la moto parte.
“Lo fanno, a volte!” dice, anche la mia Suzuki lo fa... sono incredibili le moto su queste cose.”
Vabbe’, ci prepariamo. Tiro giù la moto dal furgone, mi vesto, infilo il casco e attendo lei che è andata in casa a ultimare la vestizione.
Esce dopo un quarto d’ora e mi ricorda il D io Thor. È vestita tutta di nero, casco nero, occhiali neri, giacca nera, guanti neri, pantaloni neri, stivali neri.
Si muove come un palombaro ubriaco nella Fossa delle Marianne.
Gli stivali nuovi di zecca cigolano in modo imbarazzante.
Per voltare la testa è costretta a voltarsi tutta.
Suo fratello, una bestia da un metro e novanta, la guarda incredulo, i cani e i gatti si sono già nascosti sotto le macchine.
Per salire sulla moto la dobbiamo aiutare in due, mi da una mano suo fratello.
Si rimette in piedi sulle pedane e attacca con un’altra sessione di pedalate ma c’è un problema. Il cavalletto è piuttosto dritto e la moto non si inclina a sufficienza, sta quasi verticale. Per non cadere a destra è costretta a penzolare a sinistra e quindi pedala male.
Ne viene fuori una figura mitologica inclinata: mezza moto e mezzo Zio Thor, in equilibrio precario. Sono preoccupato, se dovesse cadere dal trespolo non so come potrebbe andare.
Dopo cinque minuti di pedalate date male, la moto non parte, Thor ha già gli occhiali appannati, non si vedono più gli occhi.
Intanto è passata mezz’ora e non siamo ancora partiti. Ho un po’ freddo, per scaldarmi faccio il filtro aria della XT.
Lei è di nuovo in maniche corte e pedala in maniera ossessiva.
“Scusa, non potresti tentare ancora col pulsante, magari parte.”
Allora mi guarda ma non mi vede per via della nebbia negli occhiali e mi dice delle cose farfugliando tra il sudore e i capelli:
“No!, non toccarla! La moto è mia e io devo farla partire, non mi dovete aiutare!”
Io e suo fratello ci mettiamo a parlare di gnocca seduti al sole e intanto Thor pedala come Bartali sulla Cima Coppi.
Improvvisamente sentiamo un boato, BRAAAAAAAMMMMMM....BRAAAAAAMMMMM...
BRAAAA-BRAAA-BRO-BROT-BRO...ooo...oooo.... percepisco un ‘UTTANA che vien fuori dal casco...
Falso allarme, con suo fratello torniamo alle storie di gnocca.
Altri tre minuti di pedalate e il motore, non potendone più di calci, pestoni, sudore e insulti, s’è avviato da solo trovando energie chissà dove:
BRRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA.............................. Non è lei che accelera, è il motore che per la disperazione si tiene acceso da solo, lei è seduta che sistema gli occhiali, sta togliendo la nebbia.
PARTIAMO!!!
Appena partiti fa un freddo maiale. Mi si ghiaccia anche il pene.
Fa strada lei che conosce la zona.
Il fondo è fatto di stradelli di campagna ghiacciati. Le ruere dei trattori sono belle profonde e dure come il marmo e viscide come il sapone. Il solicello ha sciolto solo i primi millimetri, le gomme tengono poco, si scivola molto.
All’Alisa si gela il sudore addosso e andiamo in giro per la campagna diaccia.
I passeri sono stecchiti, attaccati rami, appesi a testa in giù.
Infiliamo stradini a caso finché ci troviamo dentro una sorta di pistino tra gli alberi che dopo un po’ finisce nel nulla. Il sentiero devia su una sorta di argine, ci salgo sopra ma non prosegue, ridiscendo, anche lei sale e si ferma. Alisa nel fare manovra cade e sparisce. Da sotto si vede solo la suola bianca di uno stivale.
Dopo sforzi disumani rimette in piedi la moto.
“Meglio se scendi giù e ficchi la seconda, risparmia energie, se pedali adesso la moto t’ammazza.”
“No! Non sono capace di farla partire in discesa e poi deve partire a pedali. In due minuti é cotta, il motore, un santo, parte da solo quando non ci speravo più.
Proseguiamo e si sdraia dopo altri dieci metri, colpa di legni, rami, terra, foglie secche, gelo e polvere.
Più che una gita di enduro l’Alisa sta facendo del sollevamento pesi e dello spinning con una gamba sola, la vera gavetta dell’enduro.
Ripartiamo.
Il sole in alcuni punti riparati non arriva. I fondi, in quei tratti, sono molto sotto lo zero, il D io Thor del Pellice se ne frega e comincia a tirare le marce. Io rallento un pelo perché sento che potrei prendere un’imbarcata e fare un capriolone sgradevole.
A una sosta le faccio notare che tenere gli 80 km all’ora sugli stradini pieni di ruere ghiacciate e viscide è un un po’ azzardato vista la sua scarsa esperienza. Mi guarda come si può guardare una pantegana morta sul bordo della pista di Phillip Island, Australia.
Si continua, il sole si alza un po’.
Facciamo una sosta pissi e cioccolato. Al momento di ripartire l’XT non ne vuole sapere. Ne approfittiamo per ciaccolare, Thor si rilassa e sorride.
Ma presto dobbiamo ripartire che non c’é tempo da perdere.
Colleziona un altro paio di facciate sulla sabbia del fiume. Dall’altra parte del Pellice ci sono due tizi che fanno il pic-nic e se la ridono guardandola attraverso un binocolo.
Siccome non vuole essere aiutata rimango a guardarla seduto sulla moto.
Anche se le ho mostrato come fare a tirar su la moto facendo poca fatica, lei applica il sistema che si usa in pista, roba da pizzaioli.
Con la moto sdraiata ci si mette coi piedi dalla parte delle ruote, ci si abbassa sulle gambe, si acchiappa la sella!!! e si tira verso di noi. Non ce la farebbe nemmeno Ercole con le braccia di Gommaflex.
Dopo aver provato prendendo la moto dalla targa, poi dal traversino del manubrio, poi dalla coppa dell’olio e dopo aver sudato altri litri di sudore, si arrende e fa un segno come a dire “Minchia, che c@zz0 ho fatto a voler imparare l’enduro!”
L’aiuto e tiriamo su la moto.
“Vuoi pedalare?”
Fa di no con la testa, non riesce a parlare e ha di nuovo la nebbia negli occhiali.
Con una piccola pressione sul pulsante la motorina parte. La gita continua.
Imbocchiamo un nuovo stradello tra i boschi. Io sto davanti. Non so perché ma mi giro e Thor non c’é più.
Guardo meglio. Vedo in lontananza un mucchio informe, scorgo del nero, dei capelli e il blu della moto.
Torno indietro.
La prima cosa che si vede è il segno lasciato dalla gomma posteriore, una sorta di enorme parentesi tonda sul fango pastoso e la moto rivolta al contrario rispetto alla direzione che avevamo.
L’immagine è raccapricciante, roba da sogni brutti.
È l’epilogo di una spaccata che Nureyev avrebbe voluto provare solo con l’istruttore accanto. Troppo pericoloso.
L’Alisa è a terra, dice che le gomme erano troppo intermedie, che era giù di saponette, il chattering, la forcella è andata a pacco,... ... ... poi comincia a singhiozzare... lo fanno, a volte, nell’enduro...
“Ti sei fatta male?”
“Mi fa male il ginocchio, quello che mi sono scassata due anni fa a Jerez de La Frontera, era un raduno di Motocicliste.net.”
“Molto male?”
“Un po’.”
“Ah...”
“Polpo... ma perché sono caduta?”
“Be’, dai, è la prima volta, anche io sono caduto e cado ancora... sarai un po’ stanca...”
“Polpo, ma sei sicuro che l’enduro sia la scelta giusta per una come me? c@zz0, non fai in tempo a dare del gas che la moto va in terra, guarda qui, per esempio, ero in seconda piena, il limitatore batteva come un fabbro... e poi...” la voce si spezza e attacca a frignare...
“Ma sì, dai, devi solo imparare la tecnica, secondo me uno che può darti una mano è Myster che ne sa un casino e cade poco e niente... lui lo sa quanto cado io, una volta a Santhià gli sono caduto davanti e ancora mi scherza per quella facciata, ero praticamente fermo...”
“Allora è meglio che esca anche con lui?” Tira su col naso.
“Ma certo, differenziare è la cosa più giusta!”
“Vabbe’, mi pari stanca, forse è meglio se cominciamo a rientrare... abbiamo ancora una ventina di minuti di strada... magari a casa facciamo merenda, magari col tè...”
“Sì, dai, meglio che andiamo, ammazza che caldo che fa... non hai caldo?”
“No, sto bene, perché?”
“No, niente, è che non immaginavo che si sudasse così tanto nell’enduro, eppure è inverno e siamo sotto zero...”
“Mah, magari è per via dell’abbigliamento nero che sotto il sole si scalda un po’...”
Risale con fatica sulla moto, hop! e appena guadagnata la sella cade dall’altra parte, di nuovo in terra, mezza sotto e mezza sopra la moto. Per ricomporre il sistema pilota-moto abbiamo impiegato cinque minuti buoni. Poi, ripartiamo lemmi-lemmi.
Davanti a piatto di formaggio, pane carasau, acciughe al verde e un bicchiere di rosso, facciamo il punto: un ginocchio gonfio, circa trecento pedalate, 35 km percorsi, svariati litri di sudore andati persi, quattro capriole, una spaccata estrema, vari sdraiamenti da ferma, una facciata nella sabbia, un tourniquet, due allongé, uno chassé, tre “en l’Air”, diverse pirouette, il vestito di Thor leopardato di fango maron, molto divertimento, due litri di benzina consumati.
Un bilancio positivo, tutto sommato.
Preparo le mie cose e mi accingo ad andarmene a casa.
“Lascia che ti dica una cosa, Polpo, secondo me ha ragione Myster, un po’ paracarro sei, in effetti, dovresti accelerare un po’ altrimenti ogni volta toccherà aspettarti.”
Saluto il Zio Thor e me ne vado a casa a bere il tè, il tè è sempre una buona soluzione.
scrivere con le mani impastate di lasonil è un casino, quindi ho delegato il Polpo alla trascrizione fedele della cronaca del mio primo giretto con la moto da enduro.
Ve la metto qui, divertitevi almeno quanto ci siamo divertiti noi (lui un po' di più..)

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Breve cronaca della prima gita di enduro dell'Alisa. Tutto vero.
Saluti e baci.
Polpo.
L’ENDURO FA SUDARE ANCHE IN PIENO INVERNO
L’Alisa è una mia amica che ha deciso di dare una sterzata vigorosa alla sua vita perché esce da una storia di tre anni con un tipo. Quando si esce da una storia di tre anni con un tipo si cerca di cambiare aria, ci si rimette sul mercato frequentando altri ambienti popolati da maschi allupati ed eventualmente si imparano nuove specialità, sport, attività artistiche o si abbracciano nuove religioni o filosofie, tango, flamenco, pilates, veganesimo, amore libero, enduro e altro.
Con l’inizio del nuovo anno l’Alisa si è data a tre nuove specialità a parziale risarcimento per i tre anni trascorsi col tipo, una per anno ma le pratica tutte contemporaneamente nella settimana:
-Corso di “Vale Todo”, una specie di lotta sudamericana di mazzate da orbi:
-Corso di Cucina Italiana chiamato “Oltre i quattro salti in padella si può andare”;
-Corso di Enduro.
“Drinnn... drinnn... drinnn... drinnn... drinnn... drinnn...”
“Pronto?”
“Ciao Polpo, senti, sai che ti ho detto che volevo comprare una moto da enduro... ecco... l’ho comprata!”
“Ah, figo...”
“Sì, seeeenti, adesso dovrei cominciare a usarla e come sai io vengo dal mondo delle corse, R1, CBR, GSX, vento nei capelli, problemi di chattering, staccate al limite, cavalli a strafottere, Motocicliste.net, tute legate in vita, gambe da cowboy, velocità terribili, saponette consumate, pieghe con le orecchie in terra e tutto il resto... Ora... non pretendo che tu mi insegni qualcosa anche perché Myster, un tipo che ho conosciuto su una chat porno e mi piaciucchia un po’ e mi baccaglia come un maniaco sessuale, mi ha detto che sei piantato in terra come un chiodo ma siccome lui domenica non può che deve andare all’Ikea a prendere una poltrona, mi domandavo se tu volessi venire a fare un giretto giusto per provare la moto nuova...”
“Ah, sì, be’, a dire il vero devo giusto provare l’XT 600 che ho appena ritirato dal meccanico... va bene, andiamo domenica?, che moto hai preso?”
“WR 250 quattro tempi, molto bella, praticamente nuova!”
“Molto bella, va bene ci vediamo domenica mattina... 10,30 sono da te, andiamo lungo il fiume, roba semplice.”
“Sì vabbe’, ciccio, però non troppo semplice che poi mi viene sonno, in moto ci vado già da dieci anni, ne ho fatte più di Bertoldo, non è che sia proprio una sbarbina...”
“Ah, scusa, è che insomma, l’enduro non ha molto a che fare con la pista... va bene, se troviamo qualche mulattiera la proviamo, dovrai aspettarmi però chè l’XT 600 è dell’85 e a mandarla su è un po’ durotta.”
“Sì, ci vediamo domattina, già mangiato eh, così non perdiamo tempo, puntuale, cià!”
Ammazza!, penso, il tipo dei tre anni deve averla fatta irritare un casino.
Domenica mattina.
Parto da casa alle dieci e un quarto e il termometro della macchina segna -4°.
Quando sono in tangenziale scende a -5°.
L’Alisa è stata chiara, vuole andare a fare il primo giro anche se farà un freddo maiale, che nei prossimi giorni nevicherà e per un po’ non si potrà girare.
Io mi sono vestito come un cacciatore polacco, pantaloni mimetici, casco da strada, guanti leggerini perché non trovavo quelli invernali, stivali da trial appartenuti a Malcolm Rathmell.
Arrivo nel cortile di casa sua in ritardo.
L’Alisa è già in piedi sulle pedane della moto, in maniche corte. C’è il sole ma il termometro è fisso sui -2°.
È sfigurata, paonazza, ha i capelli appiccicati alla fronte, le gocce di sudore si raccolgono sulla punta del naso e poi scendono sul serbatoio. Sta pedalando come una forsennata per far partire la moto, che non parte. Si agita in maniera preoccupante. Rimango un minuto a guardare, ha gli occhi a fessuretta e la moto non parte.
“Puttana...” sibila, ha il fiatone, dei capelli in bocca che mi ricorda Raffaella Carrà quando ballava a Canzonissima.
“Ma non parte con l’avviamento?” dico.
“Sì, no, si è scaricata la batteria e non ce la fa più... prima è partita ma si è spenta, deve essere lo spinterogeno.”
“Ma sei sicura, mi pare strano...”
Scende un momento per asciugarsi il sudore e intanto prova un calcio come quelli di Chuck Norris che ha imparato alla scuola di Vale Todo organizzata dalla Palestra Fucking Bloody Combat di Piossasco (TO), mi avvicino alla moto e provo col pulsante. Nel frattempo si beve un beverone arancione.
Spingo il pulsante, il motore stenta, poi prende il giro, apro appena il gas e la moto parte.
“Lo fanno, a volte!” dice, anche la mia Suzuki lo fa... sono incredibili le moto su queste cose.”
Vabbe’, ci prepariamo. Tiro giù la moto dal furgone, mi vesto, infilo il casco e attendo lei che è andata in casa a ultimare la vestizione.
Esce dopo un quarto d’ora e mi ricorda il D io Thor. È vestita tutta di nero, casco nero, occhiali neri, giacca nera, guanti neri, pantaloni neri, stivali neri.
Si muove come un palombaro ubriaco nella Fossa delle Marianne.
Gli stivali nuovi di zecca cigolano in modo imbarazzante.
Per voltare la testa è costretta a voltarsi tutta.
Suo fratello, una bestia da un metro e novanta, la guarda incredulo, i cani e i gatti si sono già nascosti sotto le macchine.
Per salire sulla moto la dobbiamo aiutare in due, mi da una mano suo fratello.
Si rimette in piedi sulle pedane e attacca con un’altra sessione di pedalate ma c’è un problema. Il cavalletto è piuttosto dritto e la moto non si inclina a sufficienza, sta quasi verticale. Per non cadere a destra è costretta a penzolare a sinistra e quindi pedala male.
Ne viene fuori una figura mitologica inclinata: mezza moto e mezzo Zio Thor, in equilibrio precario. Sono preoccupato, se dovesse cadere dal trespolo non so come potrebbe andare.
Dopo cinque minuti di pedalate date male, la moto non parte, Thor ha già gli occhiali appannati, non si vedono più gli occhi.
Intanto è passata mezz’ora e non siamo ancora partiti. Ho un po’ freddo, per scaldarmi faccio il filtro aria della XT.
Lei è di nuovo in maniche corte e pedala in maniera ossessiva.
“Scusa, non potresti tentare ancora col pulsante, magari parte.”
Allora mi guarda ma non mi vede per via della nebbia negli occhiali e mi dice delle cose farfugliando tra il sudore e i capelli:
“No!, non toccarla! La moto è mia e io devo farla partire, non mi dovete aiutare!”
Io e suo fratello ci mettiamo a parlare di gnocca seduti al sole e intanto Thor pedala come Bartali sulla Cima Coppi.
Improvvisamente sentiamo un boato, BRAAAAAAAMMMMMM....BRAAAAAAMMMMM...
BRAAAA-BRAAA-BRO-BROT-BRO...ooo...oooo.... percepisco un ‘UTTANA che vien fuori dal casco...
Falso allarme, con suo fratello torniamo alle storie di gnocca.
Altri tre minuti di pedalate e il motore, non potendone più di calci, pestoni, sudore e insulti, s’è avviato da solo trovando energie chissà dove:
BRRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA.............................. Non è lei che accelera, è il motore che per la disperazione si tiene acceso da solo, lei è seduta che sistema gli occhiali, sta togliendo la nebbia.
PARTIAMO!!!
Appena partiti fa un freddo maiale. Mi si ghiaccia anche il pene.
Fa strada lei che conosce la zona.
Il fondo è fatto di stradelli di campagna ghiacciati. Le ruere dei trattori sono belle profonde e dure come il marmo e viscide come il sapone. Il solicello ha sciolto solo i primi millimetri, le gomme tengono poco, si scivola molto.
All’Alisa si gela il sudore addosso e andiamo in giro per la campagna diaccia.
I passeri sono stecchiti, attaccati rami, appesi a testa in giù.
Infiliamo stradini a caso finché ci troviamo dentro una sorta di pistino tra gli alberi che dopo un po’ finisce nel nulla. Il sentiero devia su una sorta di argine, ci salgo sopra ma non prosegue, ridiscendo, anche lei sale e si ferma. Alisa nel fare manovra cade e sparisce. Da sotto si vede solo la suola bianca di uno stivale.
Dopo sforzi disumani rimette in piedi la moto.
“Meglio se scendi giù e ficchi la seconda, risparmia energie, se pedali adesso la moto t’ammazza.”
“No! Non sono capace di farla partire in discesa e poi deve partire a pedali. In due minuti é cotta, il motore, un santo, parte da solo quando non ci speravo più.
Proseguiamo e si sdraia dopo altri dieci metri, colpa di legni, rami, terra, foglie secche, gelo e polvere.
Più che una gita di enduro l’Alisa sta facendo del sollevamento pesi e dello spinning con una gamba sola, la vera gavetta dell’enduro.
Ripartiamo.
Il sole in alcuni punti riparati non arriva. I fondi, in quei tratti, sono molto sotto lo zero, il D io Thor del Pellice se ne frega e comincia a tirare le marce. Io rallento un pelo perché sento che potrei prendere un’imbarcata e fare un capriolone sgradevole.
A una sosta le faccio notare che tenere gli 80 km all’ora sugli stradini pieni di ruere ghiacciate e viscide è un un po’ azzardato vista la sua scarsa esperienza. Mi guarda come si può guardare una pantegana morta sul bordo della pista di Phillip Island, Australia.
Si continua, il sole si alza un po’.
Facciamo una sosta pissi e cioccolato. Al momento di ripartire l’XT non ne vuole sapere. Ne approfittiamo per ciaccolare, Thor si rilassa e sorride.
Ma presto dobbiamo ripartire che non c’é tempo da perdere.
Colleziona un altro paio di facciate sulla sabbia del fiume. Dall’altra parte del Pellice ci sono due tizi che fanno il pic-nic e se la ridono guardandola attraverso un binocolo.
Siccome non vuole essere aiutata rimango a guardarla seduto sulla moto.
Anche se le ho mostrato come fare a tirar su la moto facendo poca fatica, lei applica il sistema che si usa in pista, roba da pizzaioli.
Con la moto sdraiata ci si mette coi piedi dalla parte delle ruote, ci si abbassa sulle gambe, si acchiappa la sella!!! e si tira verso di noi. Non ce la farebbe nemmeno Ercole con le braccia di Gommaflex.
Dopo aver provato prendendo la moto dalla targa, poi dal traversino del manubrio, poi dalla coppa dell’olio e dopo aver sudato altri litri di sudore, si arrende e fa un segno come a dire “Minchia, che c@zz0 ho fatto a voler imparare l’enduro!”
L’aiuto e tiriamo su la moto.
“Vuoi pedalare?”
Fa di no con la testa, non riesce a parlare e ha di nuovo la nebbia negli occhiali.
Con una piccola pressione sul pulsante la motorina parte. La gita continua.
Imbocchiamo un nuovo stradello tra i boschi. Io sto davanti. Non so perché ma mi giro e Thor non c’é più.
Guardo meglio. Vedo in lontananza un mucchio informe, scorgo del nero, dei capelli e il blu della moto.
Torno indietro.
La prima cosa che si vede è il segno lasciato dalla gomma posteriore, una sorta di enorme parentesi tonda sul fango pastoso e la moto rivolta al contrario rispetto alla direzione che avevamo.
L’immagine è raccapricciante, roba da sogni brutti.
È l’epilogo di una spaccata che Nureyev avrebbe voluto provare solo con l’istruttore accanto. Troppo pericoloso.
L’Alisa è a terra, dice che le gomme erano troppo intermedie, che era giù di saponette, il chattering, la forcella è andata a pacco,... ... ... poi comincia a singhiozzare... lo fanno, a volte, nell’enduro...
“Ti sei fatta male?”
“Mi fa male il ginocchio, quello che mi sono scassata due anni fa a Jerez de La Frontera, era un raduno di Motocicliste.net.”
“Molto male?”
“Un po’.”
“Ah...”
“Polpo... ma perché sono caduta?”
“Be’, dai, è la prima volta, anche io sono caduto e cado ancora... sarai un po’ stanca...”
“Polpo, ma sei sicuro che l’enduro sia la scelta giusta per una come me? c@zz0, non fai in tempo a dare del gas che la moto va in terra, guarda qui, per esempio, ero in seconda piena, il limitatore batteva come un fabbro... e poi...” la voce si spezza e attacca a frignare...
“Ma sì, dai, devi solo imparare la tecnica, secondo me uno che può darti una mano è Myster che ne sa un casino e cade poco e niente... lui lo sa quanto cado io, una volta a Santhià gli sono caduto davanti e ancora mi scherza per quella facciata, ero praticamente fermo...”
“Allora è meglio che esca anche con lui?” Tira su col naso.
“Ma certo, differenziare è la cosa più giusta!”
“Vabbe’, mi pari stanca, forse è meglio se cominciamo a rientrare... abbiamo ancora una ventina di minuti di strada... magari a casa facciamo merenda, magari col tè...”
“Sì, dai, meglio che andiamo, ammazza che caldo che fa... non hai caldo?”
“No, sto bene, perché?”
“No, niente, è che non immaginavo che si sudasse così tanto nell’enduro, eppure è inverno e siamo sotto zero...”
“Mah, magari è per via dell’abbigliamento nero che sotto il sole si scalda un po’...”
Risale con fatica sulla moto, hop! e appena guadagnata la sella cade dall’altra parte, di nuovo in terra, mezza sotto e mezza sopra la moto. Per ricomporre il sistema pilota-moto abbiamo impiegato cinque minuti buoni. Poi, ripartiamo lemmi-lemmi.
Davanti a piatto di formaggio, pane carasau, acciughe al verde e un bicchiere di rosso, facciamo il punto: un ginocchio gonfio, circa trecento pedalate, 35 km percorsi, svariati litri di sudore andati persi, quattro capriole, una spaccata estrema, vari sdraiamenti da ferma, una facciata nella sabbia, un tourniquet, due allongé, uno chassé, tre “en l’Air”, diverse pirouette, il vestito di Thor leopardato di fango maron, molto divertimento, due litri di benzina consumati.
Un bilancio positivo, tutto sommato.
Preparo le mie cose e mi accingo ad andarmene a casa.
“Lascia che ti dica una cosa, Polpo, secondo me ha ragione Myster, un po’ paracarro sei, in effetti, dovresti accelerare un po’ altrimenti ogni volta toccherà aspettarti.”
Saluto il Zio Thor e me ne vado a casa a bere il tè, il tè è sempre una buona soluzione.