"Chi te lo ha fatto fare?"
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Volevo condividere con voi un paio di riflessioni che mi sono venute oggi, giornata un pò pensierosa
Inizio agosto 2011, viaggetto di una decina di giorni in Sardegna. L'occasione per salutare i parenti, oltre che per girare in moto sulle fantastiche strade sarde. Arriva il giorno della partenza per il ritorno, che coincide con l'arrivo dei miei genitori nella terra natìa di mio padre. La nave parte di sera, ci sono circa 150 km per arrivare ad Olbia, nessuna fretta quindi. Come da buona abitudine isolana, la migliore occasione per salutare i partenti e i neo arrivati consiste in un pranzo luculliano. Non ci si tira indietro, finché arriva l'ora di mettersi in moto. La canicola strozza l'atmosfera dell'entroterra sardo, che non può vantare la brezza marina tanto cara alla costa. Fa caldo, molto caldo. Mi vesto e mi preparo per ripartire. Maglietta, para-schiena, giacca e pantaloni in cordura, calze, stivali, guanti, sottocasco. Ora fa caldissimo. Accendo la moto, saluto i parenti, e mentre mi dirigo verso la Transalp mia madre mi dice, con il sorriso sulle labbra: “a volte mi chiedo chi te lo faccia fare. Starai morendo lì sotto”.
Chi me lo ha fatto fare di spendere i soldi duramente guadagnati comprando una moto, pagandole l'assicurazione, la benzina, il bollo, i tagliandi, acquistando l'abbigliamento che ti permette di viaggiare in (relativa) sicurezza. Chi me lo ha fatto fare di guidare un mezzo che non esprime nessuna protezione dagli agenti atmosferici, dagli urti. Guidi, e sai che se fa freddo avrai freddo, se fa caldo avrai caldo, senza possibilità di modificare gli stati naturali delle cose accendendo ventole che cambino artificialmente le stagioni a seconda del gusto personale. Guidi, e sai che per curvare dovrai piegare e piegarti, muovere il fisico, lavorare con i muscoli. Dovrai tenere cento occhi aperti per prevenire le mosse degli “inscatolati”, mal disposti nei confronti di quei diritti che proverai ad esercitare su strada, come le precedenze. Chi me lo ha fatto fare? Ho provato a dare una risposta a questa domanda, e vorrei condividerla con voi.
La moto non costituisce di per sé un fine, ma un mezzo. Ciò che cerco non sta nella moto in quanto tale, ma in quello che faccio con la moto. Questo la trasforma in un mezzo. Lo scopo non è avere la moto per il mero possesso, quanto piuttosto ciò che posso fare grazie a questo possesso; la moto in potenza, più che in atto. L'obiettivo della ricerca diventa quindi viaggiare, conoscere posti, persone, culture, svagarsi, divertirsi, vivere emozioni, e lo raggiungo grazie ad un mezzo come la moto, che permette e anzi, alimenta, amplifica tutto questo. Attraverso la moto, sento. In una parola: vivo.
Si potrebbe obiettare che lo stesso discorso può valere per qualsiasi cosa, ad esempio uno strumento musicale, piuttosto che uno sport. Esatto. Qui sta il punto focale: la moto è una passione, come tante altre. La differenza sta solo nell'agente che veicola questa passione. Alla domanda: “chi te lo ha fatto fare”, risponderei semplicemente con: “è la mia passione”.
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Inizio agosto 2011, viaggetto di una decina di giorni in Sardegna. L'occasione per salutare i parenti, oltre che per girare in moto sulle fantastiche strade sarde. Arriva il giorno della partenza per il ritorno, che coincide con l'arrivo dei miei genitori nella terra natìa di mio padre. La nave parte di sera, ci sono circa 150 km per arrivare ad Olbia, nessuna fretta quindi. Come da buona abitudine isolana, la migliore occasione per salutare i partenti e i neo arrivati consiste in un pranzo luculliano. Non ci si tira indietro, finché arriva l'ora di mettersi in moto. La canicola strozza l'atmosfera dell'entroterra sardo, che non può vantare la brezza marina tanto cara alla costa. Fa caldo, molto caldo. Mi vesto e mi preparo per ripartire. Maglietta, para-schiena, giacca e pantaloni in cordura, calze, stivali, guanti, sottocasco. Ora fa caldissimo. Accendo la moto, saluto i parenti, e mentre mi dirigo verso la Transalp mia madre mi dice, con il sorriso sulle labbra: “a volte mi chiedo chi te lo faccia fare. Starai morendo lì sotto”.
Chi me lo ha fatto fare di spendere i soldi duramente guadagnati comprando una moto, pagandole l'assicurazione, la benzina, il bollo, i tagliandi, acquistando l'abbigliamento che ti permette di viaggiare in (relativa) sicurezza. Chi me lo ha fatto fare di guidare un mezzo che non esprime nessuna protezione dagli agenti atmosferici, dagli urti. Guidi, e sai che se fa freddo avrai freddo, se fa caldo avrai caldo, senza possibilità di modificare gli stati naturali delle cose accendendo ventole che cambino artificialmente le stagioni a seconda del gusto personale. Guidi, e sai che per curvare dovrai piegare e piegarti, muovere il fisico, lavorare con i muscoli. Dovrai tenere cento occhi aperti per prevenire le mosse degli “inscatolati”, mal disposti nei confronti di quei diritti che proverai ad esercitare su strada, come le precedenze. Chi me lo ha fatto fare? Ho provato a dare una risposta a questa domanda, e vorrei condividerla con voi.
La moto non costituisce di per sé un fine, ma un mezzo. Ciò che cerco non sta nella moto in quanto tale, ma in quello che faccio con la moto. Questo la trasforma in un mezzo. Lo scopo non è avere la moto per il mero possesso, quanto piuttosto ciò che posso fare grazie a questo possesso; la moto in potenza, più che in atto. L'obiettivo della ricerca diventa quindi viaggiare, conoscere posti, persone, culture, svagarsi, divertirsi, vivere emozioni, e lo raggiungo grazie ad un mezzo come la moto, che permette e anzi, alimenta, amplifica tutto questo. Attraverso la moto, sento. In una parola: vivo.
Si potrebbe obiettare che lo stesso discorso può valere per qualsiasi cosa, ad esempio uno strumento musicale, piuttosto che uno sport. Esatto. Qui sta il punto focale: la moto è una passione, come tante altre. La differenza sta solo nell'agente che veicola questa passione. Alla domanda: “chi te lo ha fatto fare”, risponderei semplicemente con: “è la mia passione”.